I Vini passiti hanno una loro storia, in Italia sono più di 100, forse siamo tra i maggiori produttori al mondo. In passato non erano considerati vini di pregio, la fermentazione era difficile e non si conoscevano i lieviti. Dobbiamo aspettare il 1800 con Pasteur per poter migliorare questa tecnica, ad esempio lo Champagne era dolce, cominciò ad essere quello che conosciamo oggi, quando si riuscì a controllare gli zuccheri. Con questo articolo analizzeremo nel dettaglio la produzione e le caratteristiche principali del vino passito.
L’arte del saper bilanciare:
Bilanciare l’acidità con lo zucchero presente, rappresenta l’equilibrio per un buon vino passito, sino agli anni 30-40 si dava importanza al residuo zuccherino, successivamente l’acidità cominciò ad avere la sua importanza. Ancora negli anni 70 i passiti tendevano ad ossidarsi, non erano certo di qualità, con la loro bassa acidità erano molto dolci. Successivamente si cominciò ad anticipare la vendemmia delle uve destinate ai passiti, pensando di far arrivare le uve alla maturazione finale anche in ambienti chiusi per concentrare gli zuccheri, introducendo la fermentazione con tempi anche molto lunghi.
Il controllo della fermentazione e quindi il controllo della temperatura è fondamentale; per abbassarla si aggiunge l’anidride solforosa o si filtra il mosto per togliere i lieviti presenti, successivamente il mosto, per arricchirlo delle proprietà organolettiche viene messo in botti di legno.
Le caratteristiche del vino passito
Il colore è ambrato, dai profumi intensi, sapore dolce, corposo. Il vino Passito bianco si serve in calici piccoli dallo stelo lungo ad una temperatura intorno ai 10° C, quello rosso introno ad una tempera di 14 °C . Si abbina ai dessert, ai formaggi specialmente stagionati.
Tra i Passiti bianchi più conosciuti ricordiamo:
Picolit dei Colli Orientali del Friuli
Passito di Pantelleria
Albana di Romagna Passito.
Tra i Passiti rossi:
Il Sagrantino Montefalco
Il Moscato di Scanzo.
I Vini passiti muffati:
Particolare attenzione merita questa tecnica di produzione, sono vini passiti le cui uve sono state attaccate da un particolare muffa, (“muffa nobile”) nelle condizioni dovute, questa muffa fa assorbire l’acqua agli acini dall’interno, concentrando gli zuccheri e sviluppando l’appassimento. Questo processo chimico determina lo sviluppo di sostanze aromatiche, colorando gli acini stessi. I grappoli raggrinziscono, i vini ottenuti sono intensi e dolci. E’ necessaria attenzione e particolari condizioni climatiche perché la muffa non danneggi irrimediabilmente il raccolto, quindi umidità giusta, escursione termica giusta, ventilazione, in Italia uno dei pochi luoghi dove avviene questo miracolo della natura è sulle sponde del lago di Corbara nei pressi di Orvieto.
I “Muffati Orvietani” sono tra i migliori muffati nel nostro Paese.
La scoperta di questa tecnica è avvenuta nella zona del Tokaji, ( Ungheria) quando i vigneti, abbandonati per l’invasione turcomanna del sedicesimo secolo furono attaccati dalla muffa (Botrytis) e i contadini cercando di non perdere i raccolti scoprirono le “muffe nobili”.